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Approfondimenti
CONCILIO, 60 ANNI FA L'ANNUNCIO DI GIOVANNI
XXIII: UNA DECISIONE ISPIRATA PER AGGIORNARE LA CHIESA/2
Il 20 gennaio, martedì, altra nota diaristica papale che
pare dimenticare quella di cinque giorni Lette queste righe sorge un piccolo interrogativo, Roncalli parlò del Concilio a Tardini il 15 o il 20 gennaio? "Sono propenso a credere il 20. La nota del 15 diverrebbe in tal caso una ripetizione, aggiunta in un momento di riflessione gaudiosa dimentico (forse) della nota già redatta alla data del 20", ci spiegò più volte Capovilla. Probabilmente andò così. E non a caso è datato 20 gennaio il brano del diario di Tardini che con il suo assenso spazzò via ogni residua esitazione del Papa. Vi si legge: "Udienza importante. Sua Santità ieri pomeriggio ha riflettuto e meditato sul programma del suo pontificato. Ha ideato tre cose: Sinodo romano, Concilio ecumenico, aggiornamento del Codice di diritto canonico. Vuole annunciare questi tre punti domenica prossima ai signori cardinali, dopo la cerimonia in San Paolo. Dico al Santo Padre che mi interroga: 'A me piacciono le cose belle e nuove. Ora questi tre punti sono bellissimi e il modo di darne il primo annuncio ai cardinali è nuovo (ma si riallaccia alle antiche tradizioni papali) ed è opportunissimo'".
Potrebbe essere interessante scoprire se lo stesso
Tardini avesse intuito di trovarsi innanzi a un fatto compiuto per regolarsi di
conseguenza (il suo biografo Giulio Nicolini scriveva di avere motivi per
credere che avesse aggiunto altre pagine sepolte negli archivi), ma questa è un'altra
storia. Piuttosto occorre intendersi sul significato immaginato da Giovanni
XXIII per il "suo" Concilio: qualcosa non ancora definito, ma probabilmente più
pastorale che dogmatico (e pastorale non in senso riduttivo, ma con una
concezione della pastoralità come dimensione costitutiva della dottrina.). Ci
sarebbe stato tempo comunque per valutare tutto. Del resto Roncalli - come ha
testimoniato Dell'Acqua - "mai pensò di aprire e chiudere il Concilio ecumenico
[...]. Ripetute volte mi disse: 'Quello che importa è cominciare: il resto
lasciamolo al Signore'; in quante altre Ed arriviamo a quel 25 gennaio 1959, chiusura dell'ottavario per l'unità dei cristiani (anelito che Roncalli viveva con intensità almeno sin dai tempi in cui era in Bulgaria), una tappa avvicinata dal Papa nella lettura di tanti volumi sulla storia dei concili (alcuni dei quali inviatagli dall'amico umanista don Giuseppe De Luca), nella preghiera, nella preparazione del discorso da pronunciare ai cardinali riuniti a San Paolo fuori le Mura. Alzatosi all'alba, recitato l'Angelus, celebrata la messa nella sua cappella, dopo aver assistito a quella del segretario ed aver lavorato un po' alla scrivania, eccolo in macchina verso San Paolo. Qui presiede la messa celebrata dall'abate e tiene l'omelia. Concluso il rito – prolungatosi più del previsto – il Papa chiede di trattenere i cardinali nel monastero attiguo alla basilica. Quando il Papa entra nell'aula capitolare insieme ai non molti cardinali presenti è già passato mezzogiorno: l'ora in cui cessa l'embargo per la diffusione della notizia. Così la novità del Concilio prima ancor d'essere annunciata dal Pontefice è già arrivata dalla Segreteria di Stato in Sala Stampa e, battuta dalle agenzie, sta già facendo il giro del mondo. Sobria l'allocuzione papale. Con tre parole che iniziano il discorso: "Questa festiva ricorrenza", segnando l'annuncio ufficiale dell'avventura conciliare apertasi l'11 ottobre 1962, pietra miliare di un pontificato che non potrà più essere "di transizione". Il Pontefice, infatti, indica le ragioni che hanno suggerito alcune attività straordinarie nel suo ministero: la prospettiva del bene delle anime e la necessità di corrispondere alle esigenze dell'ora presente. Allarga la sua diagnosi da Roma alla Chiesa universale, riconosce il valore di certe "forme antiche di affermazione dottrinale e di saggi ordinamenti di ecclesiastica disciplina", quindi annuncia "tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito il nome e la proposta della duplice celebrazione del Sinodo diocesano per l'Urbe e di un Concilio generale per la Chiesa Universale".
La revisione del Codice di diritto canonico, promulgato
nel 1917 e bisognoso di aggiornamento, Innegabile invece che la versione ufficiale dell'annuncio si prestasse un po' ad equivoci generando confusione ad esempio nell'area tedesca o anglosassone: infatti mentre Giovanni XXIII con le parole "Concilio ecumenico" si riferiva ad un "Concilio universale" (il primo termine appare nella redazione ufficiale, il secondo è quello della versione autografa papale), l'espressione da non pochi fu intesa come l'esclusivo tentativo di promuovere l'unità dei cristiani. Innegabile poi un silenzio quasi totale per alcuni giorni, anche nei rapporti diplomatici da Roma, mentre è la stampa a prefigurare le conseguenze dell'annuncio. Troppo presto però per immaginare se il Concilio di Papa Giovanni sarebbe stato il completamento di quello interrotto nel 1870, o se ne sarebbe distanziato (come avrebbe rivelato la sua reazione di Giovanni XXIIII dopo un confronto con lettura della Bolla di indizione del Vaticano I, non trovandola "né per la sostanza, né per la forma" corrispondente "alle condizioni attuali").
Ma restiamo a quel 25 gennaio definito da Giovanni XXIII
sul diario una "Giornata felice e
Marco
Roncalli
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