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UNA DECISIONE ISPIRATA PER AGGIORNARE LA CHIESA/1 Il 25 gennaio 1959 il "gesto di tranquilla audacia" di Roncalli a San Paolo fuori le Mura
A confermarlo ci sono pagine diaristiche, lettere,
appunti. Il lavoro di tanti storici e biografi. E le
Non è tutto. A sostenere da tempo come "convenienza" o "auspicio"
un Concilio erano stati anche altri prelati e scrittori. Due esempi: il dossier
redatto da monsignor Celso Costantini, titolato sotto la data 15 febbraio 1939
"Sulla convenienza di convocare un
Concilio Ecumenico" con i vantaggi annessi; gli articoli con cui nello
stesso periodo Giovanni Papini si augurava "una ripresa del Concilio",
destinata ad essere "accolta con grandissima gioia dai cattolici di tutto il
mondo".
Detto questo, quando, una volta eletto Pontefice, Angelo
Giuseppe Roncalli tornò a pensare al Concilio? Con quali persone toccò il tema?
Di chi l'ispirazione? E come si svolse quel 25 gennaio 1959, quando il Papa
annunciò la sua decisione ormai sedimentata? Con quali reazioni
I sessant'anni che ci separano da quel "gesto di
tranquilla audacia" (così titolò La Croix pochi giorni dopo) forse non
sono ancora così tanti da farcelo dimenticare. Del resto non sono pochi gli
studiosi che alle assemblee conciliari hanno dedicato lavori monumentali e sino
all'arrivo di Papa Francesco il dibattito sull'ermeneutica del Vaticano II è
stato costante.
Oggi sappiamo che dell'idea conciliare Giovanni XXIII,
uscito dal conclave come "Papa di transizione" a settantasette anni, aveva
parlato già all'indomani dell'elezione con il segretario don Loris Francesco
Capovilla (futuro cardinale centenario, mancato nel 2016): "Me la confidò per
la prima volta il 30 ottobre 1958, nemmeno quarantotto ore dopo l'elezione. Non
era una decisione, ma nemmeno un'idea buttata lì. Il primo appunto scritto reca
la data del 2 novembre. Giovanni XXIII accennava ai suoi collaboratori più
intimi all'eventualità dell'universale collocazione, quasi en passant". Così Capovilla a chi
scrive, in più di un'intervista, dove, dato conto del suo iniziale disagio e di
quel che il Papa gli aveva detto ("Finché uno non mette il suo io sotto le
scarpe non sarà mai un uomo libero"), indicava le prime persone con cui
Roncalli ne aveva parlato (il confessore monsignor Alfredo Cavagna, monsignor
Angelo Dell'Acqua, il sostituto della Segreteria di Stato...), non dimenticando
di segnalare pure una prima nota documentale, il foglio delle udienze, che
registra un colloquio con il cardinale Ernesto Ruffini il 2 novembre 1958 e
dove tra i temi esaminati figura il "Concilio".
Come confermato dagli interessati, sempre in novembre l'argomento
viene toccato in conversazioni con il cardinale Giovanni Urbani, suo successore
a Venezia, e monsignor Girolamo Bortignon, vescovo di Padova; in dicembre in un'udienza
concessa il 12 al cardinale Gregorio Agagianian; all'inizio del gennaio '59 in
un incontro del papa con l'amico don Giovanni Rossi, che allude al Concilio – senza
nominarlo – in un articolo uscito a metà gennaio, rivelando che il Papa fra "tante
cose tutte belle" gliene ha confidato "come un gran segreto, una sua",
commentando "sarà nel nostro tempo uno dei più gloriosi fasti della Chiesa e il
più memorabile del suo pontificato". Nel piccolo elenco appena abbozzato manca
però, sino ad ora, il principale
Come avrebbe dichiarato più tardi, l'idea del Concilio
non era maturata in lui "come il frutto di una prolungata meditazione, ma come
il fiore spontaneo di una primavera insperata". "Per l'annuncio del Concilio
ecumenico noi abbiamo ascoltato una ispirazione; noi ne abbiamo considerato la
spontaneità, nell'umiltà della nostra anima", dirà in un messaggio al clero
veneziano. "Ho considerato come ispirazione celeste anche quest'idea del
Concilio...", spiegherà agli osservatori acattolici invitati all'assise il 13
ottobre 1962. E il mese prima, l'11 settembre – in un appunto – scriverà di "una
grazia dell'Altissimo", che gli ha fatto "apparire come semplici ed immediate
di esecuzione alcune idee per nulla complesse, anzi semplicissime, ma di vasta
portata e responsabilità in faccia all'avvenire, e con immediato successo...",
aggiungendo di aver pronunciato "in un primo colloquio col mio segretario di
Stato il 20 gennaio 1959, la parola di Concilio ecumenico, di Sinodo diocesano
e di ricomposizione del Codice di Diritto Canonico, senza aver mai pensato, e
contrariamente ad ogni mia supposizione o immaginazione su questo punto". "Il
primo ad essere sorpreso di questa mia proposta fui io stesso, senza che alcuno
mai me ne desse indicazione. E dire poi che tutto mi parve così naturale nel
suo immediato e continuo svolgimento", conclude qui Roncalli.
Ufficialmente, Giovanni XXIII parlò dunque con Tardini
del Concilio ("tutta iniziativa ed in capite giurisdizione sua") – ma anche del
Sinodo per Roma e dell'aggiornamento del codice (idee queste meno "sue") – il
20 gennaio 1959, in udienza, dopo aver già accennato alla cosa in un colloquio
precedente di alcuni giorni. Ma riapriamo il diario del vescovo di Roma e
pastore della Chiesa universale: "Nel colloquio con Tardini segretario di Stato
volli assaggiare il suo spirito circa l'idea che mi venne di proporre ai membri
del S. Collegio che converranno a San Paolo il 25 corrente per la chiusura dell'ottavario
di preghiere, il progetto di un Consiglio [sic] Ecumenico da
radunarsi omnibus perpensis a tempo debito coll'intervento di tutti i
vescovi cattolici di ogni rito e regione del mondo. Ero assai titubante ed
incerto. La risposta immediata fu la sorpresa più esultante che mi potessi
aspettare. 'Oh! Ma questa è un'idea, una luminosa e santa idea. Essa viene
proprio dal cielo, Padre Santo, bisogna coltivarla, elaborarla e diffonderla. Sarà
una grande benedizione per il mondo intero'. Non mi occorse di più. Ero felice.
Ringraziai il Signore di questo disegno che È con queste parole – della sequenza mariana di Innocenzo III – che Giovanni XXIII chiude la sua nota del 15 gennaio 1959: la prima con un riferimento esplicito al Concilio. Due giorni dopo il diario segna una "giornata carica di udienze importanti" e, in basso, sotto uno spazio vuoto, riporta: "A sera mgr. Dell'Acqua mi parla di una possibilità di celebrare prima ancora di un altro disegno di carattere universale, un Sinodo per la diocesi di Roma". Un secondo rimando al Concilio e il primo riferimento al Sinodo.
Marco
Roncalli
(Continua)
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